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Tremonti, eolico un lusso e un regalo alla mafia

L'energia eolica è un lusso che il Paese non può permettersi e un regalo alla criminalità organizzata, dice il nostro Ministro dell'Economia. E non senza ragione.

Redazione GreenCity

L'eolico è un un lusso che l'Italia non si può permettere e rappresenta un affare solo per la criminalità organizzata. Giulio Tremonti, Ministro dell'Economia e, non da oggi, supporter del nucleare, è noto da sempre per il suo linguaggio senza fronzoli, spesso càustico. Tajàà cont 'l falciott, tagliato con il falciotto, avrebbero detto i nostri vecchi, con un'espressione tipica per indicare chi non spreca parole e tempo. D'altronde, da chi ha la responsabilità politica di tagliare costi e spese, non possiamo certo aspettarci discorsi lunghi, pieni di perifrasi, di se e ma, di però e distinguo.  
Digressioni semantiche e linguistiche a parte, il Divin Giulio non ha poi tutti i torti: la realtà disegnata dalle numerose inchieste delle magistratura che, dalla Sardegna alla Calabria, alla Puglia, stanno battendo a tappeto il mondo degli impianti eolici non è di certo idilliaca, e indica chiaramente l'esistenza di forti infiltrazioni della crimininalità organizzata in questo settore industriale. Certamente, nessuno è colpevole fino a sentenza definitiva. Altrettanto certamente qualcuna di queste inchieste finirà nel nulla, non verranno trovati riscontri alle supposizioni e ai sospetti. 
Rimane il fatto che il mondo dell'eolico italiano sembra essere costruito per facilitare il compito a mafia, 'ndrangheta, Sacra Corona Unita e via dicendo. Una ricerca dell'EWEA (Associazione Europea dell'Energia del Vento), infatti, mostra come l'iter autorizzativo italiano sia tra i più veloci: occorrono 18 mesi per ottenere un'autorizzazione in Italia, il che pone il nostro paese al quarto posto per velocità dopo Finlandia, Austria e Romania. In Portogallo 58 mesi e in Spagna 57. L'Italia presenta anche un minor numero di enti da contattare rispetto alla media europea, 15 enti contro la media di 18 e i 41 della Grecia, il caso peggiore. La leadership di questo iter spetta agli enti locali, le regioni in particolare, ma anche province e comuni. Guarda caso, i maggiori investimenti in questo settore sono stati effettuati nelle regioni più colpite dal cancro della criminalità organizzata e dove le istituzioni locali sono più deboli.  
Dal punto di vista tecnico, la rete elettrica italiana non sopporta l'allacciamento di potenza "intermittente" (che da un momento all'altro può venire meno, per i capricci della natura) superiore al 15% di quella termoelettrica attiva (non installata!) al momento. Quest'ultima viene a soccorso immediatamente quando la prima manca, modulando la potenza. Oltre questa soglia c'è il rischio di black-out, come si è verificato il 29 settembre 2003 quando da Francia e Svizzera vennero a mancare improvvisamente 5.000 MW. Quantità non casuale: stime prudenziali, basate sul calcolo del carico base sempre presente anche la notte e nei week-end, indicano che la quota massima di energia proveniente da fonte intermittente non dovrebbe superare i 5.000-7.000 MW. Il che porta la produzione da energia eolica a rappresentare al massimo il 3% del fabbisogno elettrico.  
Questione costi. Il sostegno statale, tramite incentivi, alle energie rinnovabili è necessaria per sostenere una tecnologia più costosa e potenzialmente meno devastante di quelle tradizionali. Tuttavia essa non può by-passare i limiti intrinseci dei punti precedenti e gli incentivi, più che alle imprese, andrebbero dati alla ricerca per sperimentare o rendere sfruttabili su larga scala tecnologie che permettono l'accumulo di energia da fonte pulita (si pensi al solare termodinamico) o la produzione di idrogeno. L'attuale sistema basato sui certificati verdi produce solo speculazione con un aggravio dei costi sul sistema paese. Basti pensare che mentre il costo di produzione di un KWh eolico è di poco superiore, nel regime di vento dell'Italia del Sud, a quello di un KWh termoelettrico, il suo prezzo di vendita (comprensivo dei certificati verdi) è addirittura superiore al prezzo d'acquisto dell'utente domestico medio. Anche il costo ambientale è molto alto a fronte di benefici quasi nulli: che senso ha impegnare centinaia di ettari di territorio per installare impianti eolici o fotovoltaici di poche decine di Megawatt?  
Cosa produce tutto questo? Un colossale trasferimento di fondi dal pubblico a pochi privati basato su una falsa soluzione a veri problemi ambientali. Un vero e proprio bluff che poggia sulla disinformazione, sostenuto da gran parte della classe politica. 


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Pubblicato il: 21/09/2010

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