L'innovazione in Italia? "Frenata dalla burocrazia e dallo scollamento tra industria ed università"
Burocrazia, costi eccessivi del sistema, atteggiamento di sufficienza da parte del mondo universitario, scollamento tra università e industria: ecco le cause della crisi del mondo dell'innovazione nel nostro Paese secondo Mario Ghisolfi, di Mossi&Ghisolfi.
Franco Cavalleri
Burocrazia, costi eccessivi del sistema, atteggiamento di sufficienza da parte del mondo universitario, scollamento tra università e industria: ecco le cause della crisi del mondo dell'innovazione nel nostro Paese secondo Mario Ghisolfi.
Vicepresidente del gruppo chimico Mossi & Ghisolfi S.r.l., specializzato nella produzione di PET – di cui è il secondo produttore al mondo – Guido Ghisolfi è caustico nell'analizzare il problema di fare
innovazione in Italia. Partendo dalle considerazioni sul fatto che un giovane laureato in ingegneria, in Italia, ha uno stipendio mensile che è poco più dell'indennità di disoccupazione in Francia. "Se vogliamo tenere i 'cervelli' in Italia dobbiamo pagarli 250-300 mila euro l'anno. È una cifra che comprende tutti i costi che un'azienda deve sopportare, non solo quanto arriva effettivamente in tasca all'ingegnere, ma anche tassi, contributi e quant'altro. Un problema, ma nemmeno il maggiore. A pesare di più sono certi aspetti burocratici".
"Ci chiediamo mai perché l'Ufficio Brevetti italiano ha 80 dipendenti, e quello di Monaco di Baviera 230? E perché l'iter di approvazione di un brevetto, in Italia, deve essere così lungo ed estenuante?".
A pesare sulle possibilità del Sistema Italia di fare innovazione, quindi, non è solo il costo dell'ingegnere, ma l'
eccesso di burocrazia e la farraginosità di certi processi di esame e approvazione dei brevetti.
"La nostra azienda ha dato impulso al fotovoltaico, ma quanti, nel settore, sono veramente capaci, hanno le necessarie conoscenze, il know-how tecnico e scientifico?", si domanda il manager.
A questo proposito, Ghisolfi rileva anche un pericoloso scollamento tra il mondo industriale e quello universitario.
"Chimica e fisica, in Italia, sono state storicamente importanti. Abbiamo avuto scienziati che hanno fatto la Storia di queste discipline. Ma quando parlo con rettori di certe facoltà universitarie di chimica o fisica,come l'Insubria, che si compiacciono di quanto siano bravi i loro professori, mi viene sempre da chiedere loro quando è stata l'ultima volta che uno di questi professori è stato in lizza per il Premio Nobel".
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