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COP16, Corazza (UE): passo avanti nella giusta direzione

"Cancùn è un piccolo, grande passo nella direzione giusta". È il parere di Carlo Corazza, Direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea. "Adesso spzziamo le polemiche e lavoriamo insieme per un'economia senza carbonio".

Franco Cavalleri

"Cancùn è un piccolo, grande passo nella direzione giusta". È il parere di Carlo Corazza, Direttore della Rappresentanza a Milano della Commissione Europea.
Mentre invita tutti a lasciare da parte le polemiche - "Non aiutano a responsabilizzare la classe dirigente economica e politica" - e lavorare insieme per costruire un nuovo modello economico, basato sulla cosiddetta green economy, ovvero un'economia che non si basi sul carbonio, nel dare un voto al COP16 appena svoltosi in Messico l'esponente EU allarga la visione ed il discorso al futuro. Partendo dai motivi che hanno spinto, anni fa, la Commissione Europea a lanciare la politica 20-20-20, per poi arrivare al quadro giuridico su cui tutto il castello si basa.
"La green economy rappresenta il principale driver di crescita per l'economia della Unione Europea", conferma Corazza. "Una scelta obbligata – aggiunge – perché non abbiamo altre carte da giocare, se non quella delle tecnologie a basso contenuto di carbonio".
Lancia anche un avvertimento: "Gli attacchi speculativi attuali sono un chiaro messaggio a tutti i paesi dell'UE che non cresciamo abbastanza per permetterci l'attuale sistema politico, economico e di welfare. Dobbiamo rilanciare gli investimenti per creare nuovi posti di lavoro e nuova ricchezza".
L'Europa non ha risorse, non dispone di gas e petrolio in quantità sufficienti per garantire il funzionamento della macchina economica. Si trova quindi costretta ad importare energia da paesi terzi, in una "dipendenza da importazioni che non è sostenibile. Il piano di Bruxelles è proprio tendente a liberarsi dall'influenza politica dei paesi produttori di gas e petrolio, fare in modo che l'Europa possa riappropriarsi della propria indipendenza energetica, e quindi politica".
"Alcune delle fonti energia rinnovabili sono già arrivate ad un livello di sviluppo che le rende competitive con le fonti di energia tradizionali tradizionali". Il prossimo passo è renderle attuabili su scala industriale, facendo leva sul meccanismo degli incentivi, "ma stando attenti a non fare sprechi di risorse economiche". "In questo modo, l'Europa potrà assicurare crescita economica e posti di lavoro, raggiungendo i tre obiettivi che l'Unione Europea si è posta: sicurezza, sostenibilità e competitività".
Fattore fondamentale per raggiungere questi obiettivi è innalzare il livello dell'efficienza energetica. "Uno dei tre componenti della politica del 20-20-20 – dice Corazza – anche se rispetto agli altri due non è vincolante. Almeno ufficialmente, perché di fatto lo è: come possiamo parlare di sostenibilità, di risparmio energetico, se non parliamo anche di efficienza nell'utilizzo dell'energia?".
Il quadro giuridico su cui si basa l'azione dell'UE nel campo energetico si è sviluppato nel corso degli ultimissimi anni. "Nel 2005 è stato presentato il Libro Verde dell'energia, seguito nel 2006 dal Piano d'azione per l'efficienza energetica. Nel 2008, infine, ci siamo resi conto che gli obiettivi che ci eravamo posti, ovvero il 30% di risparmio energetico nelle costruzioni civili, il 25% nell'industria, il 26% nei trasporti, non erano raggiungibili con la politica pre-2006".
Ecco quindi tutta una serie di nuove direttive – per l'edilizia civile, per la trasformazione dell'energia, per l'etichettatura di ogni macchina o componente che consumi elettricità – che insieme costruiscono un nuovo quadro giuridico di riferimento per i cittadini, per le aziende e per le amministrazioni pubbliche.
La direttiva 2009/125/CE, per esempio, riguarda tutti gli apparecchi e i componenti che partecipano a consumi elettrici. "Entro il 2012 avremo anche una nuova versione", anticipa il direttore della rappresentanza milanese della Commissione Europea. "Questa direttiva rappresenta il tentativo, da parte dell'Unione Europea, di imporre i propri standard manifatturieri e industriali a resto del mondo". Un modo, insomma, per recuperare almeno una parte (e magari di più) della autorevolezza politica a livello globale, piuttosto appannatasi negli ultimi tempi (vedi gli episodi del COP15 di Copenhagen e, anche se in modo meno eclatante, del COP16 di Cancùn).
La seconda componente di questo quadro giuridico è l'energy labelling. Originariamente basato sulla direttiva 92/75/cee, rivista in modo radicale nel 2010. "La nuova direttiva fornisce le modalità per la valutazione dei consumi energetici di apparecchi di ogni genere, dando vita quindi a una classificazione ufficiale". Si tratta delle etichette Classe A, B, C e via dicendo che troviamo accostate ad ogni apparecchio elettrico – dalle lavatrici ai rasoi elettrici, dagli spazzolini elettrici alle radio, ai televisori: non un semplice gioco, ma un indice prezioso per il consumatore per guidarlo nell'acquisto. E quindi anche per le aziende, perché raggiungere e mantenere livelli di eccellenza nell'efficienza energetica – acquisendo il diritto a fregiare i propri prodotti dell'etichetta Classe A – consente anche di aumentare le quote di mercato a discapito di concorrenti meno attenti a questi discorsi.
L'ultimo pilastro è quello forse più importante, perché potenzialmente in grado di dare i maggiori vantaggi: l'edilizia, regolata con una direttiva del luglio 2010. "Stiamo parlando di un settore dove si concentra il 95% del prodotto interno lordo dell'intera Unione Europea, e che dà lavoro all'8% dell'intera forza lavoro", ci dice Corazza. Cosa richiede l'UE? Entro il 2018 gli edifici pubblici dovranno essere ad emissioni quasi 0. per i privati questo traguardo è fissato per il 2020. Rimangono esclusi gli edifici con meno di 50 metri di superficie e quelli storici. Un'esclusione, questa, che potrebbe in realtà compromettere il raggiungimento dell'obiettivo in un paese come l'Italia, in cui il patrimonio edilizio è particolarmente 'vecchio', anche a causa del suo valore storico ed architettonico che lo rende unico al mondo (e che costituisce una delle principali ricchezze di questo paese). Viene eliminata la soglia dei 1000 metri quadri per gli edifici esistenti (sotto questa soglia si era esenti da azioni per il miglioramento dell'efficienza energetica).
Altro componente importante del piano d'azione UE è il cosiddetto Patto dei Sindaci, che si propone di spingere le amministrazioni comunali – a cui spetta il primo passo nella promozione di azioni e iniziative per il risparmio energetico a inserire questi concetti nei piani di governo del territorio, come sono oggi chiamati i vecchi piani regolatori, e nelle norme edilizie. Considerando gli scempi e le nefandezze di molte amministrazioni comunali e il non eccelso livello medio di conoscenze e capacità degli uffici tecnici nei nostri comuni - spesso troppo piccoli per poter avere le risorse culturali necessarie per applicare queste direttve - questo punto rimane molto dubbio.
Quali possono essere i vantaggi ed i benefici del piano d'azione indicato dalla Commissione Europea? "Tutto compreso, nel 2020 possiamo arrivare ad un risparmio di energia del 5-6%". può sembrare poco, ma si tratta di 270 milioni di euro di bolletta energetica in meno. Dal punto di vista ambientale, 5% di emissioni e 144 Mton di CO2 che non entrano nell'atmosfera. E nei nostri polmoni: il che significa anche minore incidenza di malattie respiratorie da inquinamento, minore spesa sanitaria e farmaceutica, maggiore livello di qualità della vita...Tutti fattori che concorrono a formare il risultato finale.
Esistono le condizioni di mercato perché si arrivi alla casa ad Emissioni Zero? "Al momento il costo di quella che viene definita Casa passiva è del 4-6% maggiore rispetto alla casa tradizionale. Incentivando le nuove tecnologie si può concorrere a creare un mercato che porti alla diminuzione dei costi".
Quali forme di finanziamento sono disponibili? "Ce ne sono diverse forme. Il 7° Programma Quadro (FP7) si occupa principalmente di innovazione e ricerca. Con questo strumento sono disponibili finanziamenti per 54 milioni fino al 2013, anno in cui termine il FP7. Ci sono poi fondi regionali e per la competitività. Prevediamo di utilizzare fondi provenienti dalle aste per i crediti di emissione, che dal 2013 verranno investiti in azioni a sostegno della sostenibilità".


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Pubblicato il: 13/12/2010

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