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Dall'Europa all'Australia, energia alternativa sotto attacco

Tempi duri per l'energia alternativa. Dall'Europa all'Australia, i Governi chiudono i rubinetti dei sussidi. C'è l'industria del nucleare dietro queste mosse? Difficile. Vediamo perché.

Franco Cavalleri

Tempi duri per il fotovoltaico e per le fonti alternative di energia in genere. Dalla Francia alla Germania, dalla Repubblica Ceca all'Australia e al Giappone e adesso anche all'Italia, sono diversi i Paesi che hanno posto o stanno pensando di porre dei limiti ai sussidi per la realizzazione di impianti di produzione di energia dal sole o dal vento e per la posa di pannelli fotovoltaici su case e costruzioni in genere. Un indirizzo, da parte dei governi di Paesi un po' in tutto il mondo, di cui abbiamo già parlato nei giorni scorsi e che rappresenta una contraddizione in un momento in cui il petrolio - causa i drammatici eventi in Libia - ha raggiunto livelli di prezzo al barile elevati. Perché, quindi, Governi così diversi e lontani geograficamente sembrano aver preso decisioni così vicine?
Il processo è iniziato, per la verità, due anni fa, in pieno boom del sole e del vento, con la Spagna che aveva chiuso i rubinetti dei soldi pubblici. La mossa spagnola era giustificata con la grave recessione che aveva colpito il Paese a seguito della crisi finanziaria ed economica mondiale – e da cui, peraltro, la Spagna non si è ancora ripresa, visto che i numeri del governo di Madrid segnano una disoccupazione che è ormai oltre il 20% mentre ha ripreso con forza un movimento migratorio verso i paesi americani. I nostri vicini transalpini alla fine dello scorso anno avevano messo in atto una moratoria sull'installazione di nuovi sistemi FV: fino a tutto marzo 2011, che prevedeva solo impianti sotto i 3kW di capacità nominale. Il governo francese si è poi dato tempo fino all'8 di marzo per definire e presentare un nuovo inquadramento legislativo e fiscale della materia. La data fatidica è arrivata, e il piano non è certo di quelli che ispirano al sorriso chi opera ed investe nel settore.

Per gli operatori del settore e alcuni politici, quanto deciso dal governo francese rappresenta una vera e propria "battuta d'arresto" per il fotovoltaico e le energie alternative: il prezzo di acquisto dell'energia prodotta da sole e vento viene abbassato di circa il 20% rispetto al tasso in vigore il 1° settembre 2010. Un'aberrazione economica per i produttori, che paventano decine di migliaia di posti di lavoro minacciati e un futuro che rimane poco chiaro, con i combustibili fossili pronti a riguadagnare terreno.

Il caso francese è paradossale, perché a spingere il governo di Parigi a prendere questa iniziativa è stata la buona salute del mercato. Incoraggiati dalla legge Grenelle dell'ambiente, che garantiva tariffe di alimentazione attraenti e una ottima spinta dal mercato, il fotovoltaico era infatti cresciuto rapidamente negli ultimi anni. Evidentemente, per il Governo, troppo in fretta, al punto da far temere un "surriscaldamento" alla fine del 2010 con la possibilità dello scoppio di una bolla speculativa.

Uno dei punti più critici è stato il pericolo, denunciato alla fine di dicembre da Nathalie Kosciusko-Morizet, di un'importazione massiccia di pannelli fotovoltaici di bassa qualità e con forte presenza di materiali inquinanti dalla Cina, favoriti dal basso costo.

Una preoccupazione, quella delle conseguenze sull'ambiente, che si riflette ampiamente nel nuovo regolamento, che "richiede maggiore qualità ambientale e progetti industriali, tra cui il consolidamento degli obblighi a fine vita di riciclaggio e smantellamento dopo l'estate del 2011 e l'obbligo di fornire analisi del ciclo di vita dal 1° gennaio 2012.

Gli industriali francesi si oppongono alle misure governative: martedì, decine di professionisti sono stati raccolti al di fuori del Palazzo dell'Eliseo a Parigi – una manifestazione che deve avere ispirato le organizzazioni di categoria italiane, che hanno replicato il tutto a Roma per protestare contro provvedimenti simili presi dal governo italiano - per chiedere al governo di "rivedere la sua copia" e denunciando una "consultazione fasulla".

"Nella bozza attuale, più di 25.000 posti di lavoro sarebbero stati distrutti dal prossimo anno", ha detto il Renewable Energy Association, in un documento firmato da una qundicina di organizzazioni transalpine. Per rimanere in attività nonostante le pressioni dei costi, "l'installatore cerca di importare prodotti a buon mercato", è l'esatto opposto di target del governo, prevede anche il SER.

I costruttori hanno la sensazione che il nuovo sistema progettato dal governo francese sia lontano dal fornire basi solide su cui costruire lo sviluppo del settore, attualmente al quarto posto in Europa dietro Germania, Italia e Repubblica Ceca. Tutti paesi, peraltro, che stanno muovendosi nella stessa direzione.
E' l'industria del nucleare a ispirare questi provvedimenti? Molti ritengono di sì, ma l'accusa pare poco fondata: i tempi di realizzazione di impianti fotovoltaici sono di pochi anni, addirittura di pochi mesi. Una centrale nucleare richiede almeno un decennio solo per la costruzione, a cui vanno aggiunti un'altra decina d'anni per la progettazione. Serve, inoltre, una forte concertazione a livello internazionale, con l'Agenzia Internazionale per l'Energia Atomica, che deve sorvegliare attentamente progetti e lavori per assicurarsi che tutto venga svolto secondo le regole, in particolare per quanto riguarda la sicurezza. Difficile credere che ci sia un preciso piano politico di fermare il fotovoltaico per spingere il nulceare. Non in questo modo, almeno. Ad armare i governi contro i sistemi di sussidi e feed-in tariffs è più probabile sia la paura: le difficoltà economiche non sono ancora alle spalle, la ripresa è ancora timida e fragile, i conti pubblici di tutti i Paesi sono sotto osservazione da parte degli istituti di certificazione (Standard & Poor's e Modys in prima linea), lo spauracchio di una retrocessione del rating molto forte. Ecco quindi che tutti i governi vanno a stringere le corde del credito a tutti i livelli. Il solare non poteva certo aspettare di rimanere immune.
Parigi, Roma, Berlino, Praga, Canberra, Madrid, i governi tutti fanno affidamento sul prezzo del petrolio: una contraddizione, ma è probabile sia così. Se il livello del prezzo del barile rimane stabilmente oltre i 100 dollari, e magari arriva a 150 e più, investire nelle fonti alternative rimarrà comunque favorevole, anche in assenza di sussidi e tariffe di acquisto di favore. A costo zero, o quasi, per i conti pubblici, e sena più lo spettro di una bolla speculativa da energia alternativa.


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Pubblicato il: 11/03/2011

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