Studio Euromedia: aziende e cittadini più green dopo il COVID

Il COVID-19 ha cambiato profondamente l'approccio degli italiani verso la tutela dell'ambiente. Molti disposti ad adottare abitudini più green, anche fra le aziende.

Autore: Redazione ImpresaGreen

La pandemia ha portato il 72% degli italiani a considerare il cambiamento climatico una crisi grave quanto il COVID-19. La connessione fra ambiente e sanità è ormai una realtà nei fatti, tanto che molti cittadini del Belpaese hanno cambiato il proprio modo di fare acquisti e le proprie decisioni in funzione di un maggiore rispetto per l'ambiente.

Il dato emerge fortemente dallo studio Euromedia Research commissionato da ENGIE Italia, presentato nel corso di un evento virtuale. L'indagine era volta a chiarire se e come l’emergenza COVID-19 abbia cambiato la percezione e la sensibilità di cittadini e aziende rispetto ai cambiamenti climatici e ambientali.

Risultati confortanti


Fra il 15 ottobre e il 10 novembre gli addetti dello studio Euromedia hanno intervistato telefonicamente cittadini e aziende. “Il modo con cui il COVID-19 ha stravolto le nostre vite e abitudini ha evidentemente portato una riflessione collettiva sulla fragilità dell’uomo e del Pianeta e sull’importanza delle nostre scelte - sottolinea Alessandra Ghisleri, Direttrice di Euromedia Research - a seguito della pandemia le persone sono più consapevoli dell’impatto negativo delle attività dell’uomo sull’ambiente”.

Per quanto riguarda i cittadini, il 68,3% ha dichiarato che dopo l'arrivo della pandemia ha modificato i propri comportamenti con l'obiettivo di ridurre le proprie emissioni inquinanti. Alla stessa domanda, posta lo scorso anno, aveva manifestato lo stesso proposito il 12,4% di persone in meno. 
Che il COVID abbia giocato un ruolo importante in questa scelta è confermato dal fatto che il 43,5% degli intervistati dice apertamente che la scelta di cambiare i propri comportamenti quotidiani è dovuto alla pandemia. Di questi, il 55,7% sono giovani della Generazione Z, a conferma del fatto che la necessità di cambiamento è stata colta più dalla parte giovane della popolazione. 

Che cosa, all'atto pratico, è stato modificato? La scelta di prodotti a basso impatto ambientale, l'adozione di soluzioni che favoriscono il risparmio energetico e di trasporti non inquinanti, come biciclette e mezzi elettrici. L'ultimo dato è collegato al fatto che il 77,3% degli intervistati ha notato una riduzione dell'inquinamento generale a seguito del primo lockdown, grazie anche ai divieti per la circolazione.

I cambiamenti però non sono destinati a protrarsi nel tempo, se ciascuno non cambierà le proprie abitudini. Cambio che, soprattutto i giovani, sono disposti a fare in virtù degli effetti positivi che potranno avere sul lungo periodo.   

Sul fronte delle aziende, il 40% (soprattutto nel manifatturiero) ha dichiarato di proseguire con i programmi finalizzati all'efficientamento energetico. Il 48%, inoltre, è consapevole che i cambiamenti climatici influenzeranno significativamente la propria attività e il proprio settore nei prossimi cinque anni.
Le notizie tuttavia non sono tutte ottime. Molte aziende hanno dovuto focalizzarsi su altri temi (sicurezza informatica, continuità operativa), e riprenderanno gli investimenti per l'efficientamento energetico quando sarà possibile. In compenso, gli investimenti in smart working hanno favorito il risparmio energetico, ed è confortante che l'uso di questi strumenti si protrarrà.

L'ostacolo ideologico


Enrico Giovannini, co-fondatore e portavoce dell'Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile (ASviS), denuncia che l'unico ostacolo verso un approccio al maggiore rispetto dell'ambiente sono gli uomini ultra cinquantenni. Un grave problema, dato che sono loro per lo più a detenere il potere. È una crisi che l'intelligenza può superare, ma su cui la politica deve agire. L'esempio lampante di questo è la posizione di Ursula von der Leyen con il Green Deal
Giovannini sottolinea inoltre un fatto importante: in Italia si continua a parlare di Recovery Fund, che non esiste. Il piano dell'Europa si chiama Next Generation EU e ha l'obiettivo di finanziare la ripresa e resilienza. "I soldi non devono essere usati per guadagnare qualche decimo di PIL o per aggiungere posti di lavoro, ma per rendere il Pase più resiliente alle crisi. Bisogna combattere la vulnerabilità creando resilienza economica e sociale. La direzione è il Green New Deal, non il resto; se non lo capiamo i progetti verranno bocciati".

Serve un aiuto concreto


L'interesse manifestato da cittadini e aziende è un ottimo punto di partenza. Tuttavia servono azioni concrete affinché i buoni propositi si convertano in realtà. Le aziende chiedono contributi a fondo perduto (33,5%) e sgravi fiscali (22%), seguiti (19%) da incentivi statali e un quadro normativo più chiaro.

Anche i cittadini sarebbero più propensi ad agire se potessero adottare soluzioni a costo zero o che prevedano un risparmio o un incentivo. Per la maggior parte degli intervistati, fare scelte sostenibili comporta costi maggiori. Più della metà degli intervistati (52,8%) costa di più scegliere energia proveniente da fonti rinnovabili: non è vero, ma questa è la convinzione, quindi bisogna lavorare per dissuaderla. 
Al riguardo è intervenuta Monica Aiacono, direttore B2C and information technology di Engie Italia, secondo cui "le case sono diventate il centro nevralgico delle nostre vite. Gli interventi fatti negli anni scorsi hanno portato a un efficientamento energetico delle case. Consumare meno e meglio vuol dire anche consumare energia verde, e non è necessariamente vero che questo comporta una spesa maggiore".

Gli intervistati hanno inoltre fatto notare, realisticamente, che sono istituzioni e aziende a detenere il maggior potere per rallentare il riscaldamento globale. I cittadini reputano indispensabile l’intervento di Governo (41%), delle istituzioni locali (25%) e delle aziende (15%). È significativo il fatto che solo l’8% ritenga che la pubblica istruzione possa avere un ruolo importante in questo senso.

Gli interventi che maggiormente si aspettano sono la riqualificazione energetica di scuole ed edifici pubblici (20,5%), l’utilizzo per queste strutture di fonti di energia verde, quali i pannelli fotovoltaici (13,5%); l’aumento di aree verdi (16,5%) e mezzi di trasporto pubblico elettrici o ibridi (15,2%). 

Sull'argomento è intervenuto Fabrizio Sala, vicepresidente di Regione Lombardia, che ha ribadito come “già nel Piano Strategico triennale per la Ricerca e l’Innovazione di Regione Lombardia è stata individuata la sostenibilità ambientale come uno degli ambiti principali che incidono sullo sviluppo del nostro territorio".

Una riflessione sulle città


Di particolare interesse è stato l'intervento dello scienziato e botanico Stefano Mancuso circa le nostre città. Ha proposto una riflessione sul fatto che in un tempo ristretto l'umanità ha cambiato le sue abitudini residenziali. Oggi oltre il 55% della popolazione a livello mondiale vive in ambiente urbano, nel 2070 il 70% della popolazione vivrà in città, contro il 30% che resterà negli ambienti rurali.

Il problema è che le città rappresentano una frazione minuscola della superficie terrestre e sono la fonte principale della nostra aggressione all'ambiente. La produzione di anidride carbonica in città è pari al 70% di quella totale, e il 72/73% delle risorse globali è consumato in città. 

Da un lato è vero che le città sono la forma di vita più efficiente inventata dall'uomo, e che è impossibile immaginare un futuro senza le città. E che le città sono anche il luogo più efficiente in termini di risorse in cui vivere. Basti pensare a riscaldamenti, trasporti, scuola, sanità.
Tuttavia le città stessa sono per antonomasia il luogo dell'aggressione all'ambiente. Il paradosso è che l'uomo, vivendo in città, ha cambiato la sua prospettiva di specie. In un'epoca di globalizzazione, concentrando la sua presenza all'interno di piccolissime zone del Pianeta, l'uomo passa dall'essere una specie generalista a una specialistica. Con lo svantaggio che le specie specialistiche sono più suscettibili ai cambiamenti e più a rischio di estinzione. 

La possibile soluzione è proposta da Roberto Rossi, DirettoreBtoT di Engie Italia: "dobbiamo reimmaginare le città in modo diverso, dai primordi, facendo uso di tutta la scienza e la tecnologia possibile. In passato era ragionevole pensare alla città come un luogo dell'uomo, che facesse da barriera verso la natura. Oggi è sbagliato continuare a farlo. Per sopravvivere come specie dobbiamo mantenere un equilibrio della vita, rendendo le città parti della natura. È una questione reale e pratica, non filosofica". 

Il tema pratico è quello della transizione energetica. "Il COVID ha dato grande boost alla digitalizzazione e allo smart working, questi stessi elementi potranno cambiare in forma importante il nostro impatto ambientale. Dobbiamo usare soluzioni tecnologie ambientali ed energie rinnovabili per pesare meno sul Pianeta, senza arrecare disagio all'uomo".

Il messaggio è che le soluzioni tecnologiche ci sono, bisogna calarle nella realtà e farle diventare sistemiche. Bisogna creare smart city, con illuminazione pubblica intelligente, parcheggi intelligenti, ricarica di veicoli elettrici, semafori intelligenti. La città deve diventare collegata. E tutto dev'essere gestito da un'unica centrale di controllo per dosare al meglio i consumi ed efficientare trasporti e servizi.

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