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Studio: 51% italiani considera la sostenibilità importante, ma meno della metà agisce in modo sostenibile quotidianamente

Dall’indagine “L’evoluzione della sostenibilità tra cultura, percezione e pratiche” di Fondazione PwC Italia, JTI Italia e Arel e condotta su oltre mille italiani emerge un forte divario tra consapevolezza e azione nella sostenibilità.

Redazione ImpresaGreen

La sostenibilità è ormai parte integrante del vocabolario quotidiano degli italiani, essendo diventata un principio guida per cittadini, imprese e istituzioni. Ma tra il dire e il fare resta ancora un divario significativo. A raccontarlo è il nuovo studio “L’evoluzione della sostenibilità tra cultura, percezione e pratiche”, realizzato da Fondazione PwC Italia in collaborazione con JTI Italia e Arel, presentato oggi a Milano.

Lo studio analizza come la sostenibilità sia oggi compresa, percepita e vissuta dalla popolazione italiana, mettendo in luce l’evoluzione del concetto nel corso degli anni.

Attraverso un’indagine condotta su un campione rappresentativo di oltre mille italiani, infatti, il report esplora le pratiche quotidiane, le opinioni e le aspettative dei cittadini, evidenziando un divario significativo tra consapevolezza e azione.

L’indagine demoscopica rivela che, sebbene l’82% degli italiani affermi di sapere cosa significhi il termine “sostenibilità”, solo il 36% di essi è in grado di fornirne una definizione corretta. Il 55% ne riduce il significato alla sola dimensione ambientale, mentre il 9% - nell’inquadrare la tematica - fornisce risposte del tutto non pertinenti.

Il 51% degli italiani considera la sostenibilità molto importante nella propria vita quotidiana, ma solo una parte minoritaria di essi mette in pratica comportamenti sostenibili dal punto di vista ambientale (44%), economico (41%) e sociale (14%).

Il 78% del campione, guardando al futuro, dichiara di voler ridurre l’uso della plastica monouso e il 75% di esso intende diminuire il consumo di beni non essenziali. Ma solo il 44% si dice disposto a partecipare ad attività di volontariato.

Il 40% degli intervistati, infine, dichiara di non avere tempo sufficiente per compiere scelte sostenibili, il 41% lamenta la mancanza di opzioni accessibili nel proprio territorio, mentre il 39% esprime sfiducia nell’effettiva sostenibilità dei prodotti dichiarata sulle etichette.

Lo studio offre anche una lettura generazionale della sostenibilità, rivelando come esperienze formative e contesti culturali differenti possano influenzare comportamenti e priorità. La Generazione Z - 18–28 anni - si dichiara intenzionata a ridurre l’uso di plastica monouso (83%) e il consumo di beni non essenziali (79%), e si impegna nella raccolta differenziata e nella riduzione dello spreco alimentare. È inoltre la più disposta a pagare un premium price per prodotti sostenibili (86%) e mostra forte sensibilità verso le tematiche sociali: è la generazione che più si batte per l’inclusione e la lotta alle discriminazioni.

I Millennials - 29–44 anni – si mostrano propensi ad adottare pratiche come la riduzione dei consumi energetici (79%), l’acquisto da produttori locali (66%) e da filiere etiche (65%). Emerge anche l’intenzione di partecipare attivamente ad iniziative sociali quali attività di volontariato (39%) e programmi di formazione per persone vulnerabili (60%). Per loro, sostenibilità significa sobrietà ed equità.

La Generazione X - 45–60 anni - privilegia comportamenti razionali orientati alla parsimonia e legati alla sfera domestica: riduzione degli sprechi, acquisti stagionali e ricorso a prodotti riutilizzabili. Inoltre, 4 su 5 dichiarano di voler ridurre il consumo energetico, in linea con una cultura della responsabilità maturata negli anni ’80 e ’90.

I Baby Boomers - oltre i 60 anni - praticano invece una sostenibilità silenziosa e radicata nel non-spreco. Pur essendo meno familiari con il concetto (solo il 32% conosce la definizione corretta di sostenibilità, vs. 44% della Generazione Z), sono tra i più coerenti nei comportamenti. Solo il 63% di essi, tuttavia, è disposto a pagare di più per prodotti sostenibili, preferendo soluzioni durature e parsimoniose.

L’indagine si sofferma anche sulla percezione della responsabilità nel promuovere comportamenti sostenibili, evidenziando come gli italiani la attribuiscano principalmente alle istituzioni pubbliche (42%), seguite da singoli individui (28%) e solo in misura minore alle imprese (22%).

I dati ISTAT, tuttavia, mostrano come le aziende italiane stiano già assumendo un ruolo centrale sulla tematica: a giugno 2023, il 69% delle imprese manifatturiere e il 62,4% di quelle nei servizi hanno adottato pratiche sostenibili. Tra le grandi imprese dei servizi con oltre 1000 addetti, la percentuale sale all’85,9%; segno di una crescente consapevolezza del valore strategico della sostenibilità.



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Pubblicato il: 15/09/2025

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