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Althesys: idroelettrico, sbloccare le concessioni per bilanciare gli investimenti

Rinnovare gli impianti idroelettrici vale 15 miliardi in dieci anni con 3,2 miliardi di ricadute economiche annue e 16.500 addetti. Lo ha affermato l’economista Alessandro Marangoni intervenendo ad Aquawatt, aggiungendo che, senza interventi, si rischia una perdita di produzione del 30%.

Redazione ImpresaGreen

Occorre risolvere il nodo delle concessioni idroelettriche per rilanciare gli investimenti e l’occupazione. Lo ha detto l'economista Alessandro Marangoni, ceo di Althesys (TEHA Group) durante Aquawatt che si è svolta a Piacenza.

“Mettere mano a un progetto di rinnovamento degli impianti vale oggi fino a 15 miliardi in dieci anni con un aumento medio della producibilità compreso tra il 10% e il 20%, nell’idea di preservare un patrimonio che per l’intero parco idroelettrico italiano si aggira tra i 35 e 50 miliardi di euro.

Notevoli anche le ricadute sul sistema socio-economico, dirette e indirette: valgono per l’economia 3,2 miliardi annui con la creazione di 16.500 posti di lavoro”. L’86% delle concessioni di grandi derivazioni è già scaduto o scadrà entro il 2029.

In uno scenario no-action si registrerebbe una perdita pari al 30% della produzione al 2040. “L’idroelettrico – ricorda Marangoni – è strategico per il sistema energetico italiano, sia in termini di sicurezza energetica garantendo in linea teorica un risparmio fino a 3 miliardi di euro rispetto al gas”, sia per la stabilità del sistema attraverso gli accumuli assicurati dai pompaggi.

Dai dati presentati dall’economista emerge come l’idroelettrico si confermi elemento chiave per il settore elettrico: in Italia sono presenti 4.907 impianti per una potenza efficiente lorda di 19,6 GW. Nel 2024 il segmento ha rappresentato il 19% della capacità produttiva elettrica totale e il 40% di quella rinnovabile.

Il problema che oggi deve affrontare l’industria idroelettrica è il bivio tra necessità di rilancio e rischi di declino. L’età media delle centrali idroelettriche è infatti superiore agli 80 anni (oltre la metà della capacità risale a prima del 1960) con necessità di interventi di ammodernamento per mantenere le attuali potenzialità produttive. Si registra una progressiva perdita di producibilità tra il 20 e il 35%: da 3.000-3.200 ore di produzione l’anno del 2000 alle attuali 2.000-2.500 ore l’anno.

Negli ultimi 20 anni è scesa la capacità di invaso a causa, tra l’altro, del cambiamento climatico, della competizione con gli altri utilizzatori dell’acqua come l’agricoltura, delle limitazioni imposte alla manutenzione straordinaria e per il dragaggio degli interrimenti dei bacini.



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Pubblicato il: 03/11/2025

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