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Green Cross incontra le scuole e sensibilizza sui consumi

Si è svolta oggi a Explora, il Museo dei Bambini di Roma, "Quanta acqua mi costi?", l'incontro promosso da Green Cross Italia inserito nel calendario di iniziative della Settimana Unesco dell'Educazione allo Sviluppo Sostenibile.

Chiara Bernasconi

Per una tazzina di caffè si consumano 140 litri di acqua. Per una t-shirt in cotone ce ne vogliono molti di più, 2.700. L'acqua che impieghiamo non è soltanto quella che serve per bere, cucinare, lavare.
C'è un altro consumo, "nascosto": sono i litri necessari per produrre i cibi che portiamo in tavola e i vestiti che indossiamo. È un'acqua virtuale, a cui non siamo abituati a pensare: quella che viene usata e inquinata per la fabbricazione di tutti i beni e i servizi immessi sul mercato.  
Di impronta idrica, un indicatore creato negli anni novanta da Arjen Y. Hoekstra, direttore scientifico del Water Footprint Network, si è parlato nell'incontro "Quanta acqua mi costi?", che si è tenuto oggi a Explora il Museo dei Bambini di Roma, promosso da Green Cross Italia. Inserita nel calendario di iniziative della Settimana Unesco dell'Educazione allo Sviluppo Sostenibile, la conferenza ha inaugurato una serie di appuntamenti di informazione e sensibilizzazione organizzati nell'ambito della campagna di promozione del concorso nazionale Immagini per la Terra, XX edizione, aperto alle scuole di ogni ordine e grado.  
Cristiana Pulcinelli, giornalista e divulgatrice scientifica, ha presentato ad oltre 120 studenti l'importanza di questa risorsa primaria e della consapevolezza del suo uso quotidiano, così come nella produzione dei beni di consumo. Come il cotone: un solo chilo, sufficiente per produrre un paio di jeans, ha un'impronta idrica di 11.000 litri. O la pelle, quella con cui si fabbricano scarpe e borse: per un chilo si sprecano 16.600 litri di acqua. Ma anche nel cibo che mangiamo c'è tanta acqua: per produrre un chilo di carne ci vogliono 15.500 litri di acqua, per una pizza margherita 1.300 litri.
Se misurassimo il consumo in acqua di tutto quello che mangiamo con i vestiti e gli accessori che indossiamo, otterremmo sicuramente un'impronta idrica individuale altissima. Basti pensare che nei Paesi ricchi si usa una quantità di acqua fino a 50 volte superiore a quella necessaria.  
Che cosa fare, allora? Come risparmiare e ridurre il nostro impatto? Sarebbe più semplice se le etichette contenessero un'indicazione precisa: questo ci permetterebbe di optare per cibi e beni più sostenibili. Ma intanto si può cominciare dalla scelta di prodotti che hanno una minore impronta idrica. Per esempio, preferendo i cibi di origine vegetale a quelli di derivazione animale, mangiando più verdura e meno carne, più yogurt e meno formaggi, più frutta fresca e meno noci e noccioline.
Mentre ci sono ancora 884 milioni di persone nel mondo che non hanno accesso a fonti sicure e pulite, il 12 per cento di tutta la popolazione del Pianeta usa, anzi spreca, l'85% dell'acqua del Pianeta. E in questa quota ci siamo anche noi.

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Pubblicato il: 10/11/2011

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