Un nuovo sondaggio internazionale condotto da
DNV GL, ente di certificazione a livello mondiale, con il supporto di
GFK Eurisko, indaga se e in quale misura le aziende siano resilienti ai cambiamenti climatici. Lo studio ha coinvolto più di 1.200 professionisti provenienti da Europa, Asia e America.
"Le aziende hanno già evidenza degli impatti generati dai cambiamenti climatici sulle proprie operazioni o riconoscono che vi sia un alto rischio di conseguenze imminenti. Nonostante ciò, si registra una mancanza di proattività, con solo una minoranza di imprese che sta portando avanti iniziative che mirano all'adattamento o ad aumentare la resilienza. Stanno sottovalutando quanto possano essere dirompenti gli impatti e quanto sia urgente affrontare questo problema?" è la domanda che pone
Luca Crisciotti, CEO di DNV GL - Business Assurance.
Quasi tutte le imprese coinvolte nel sondaggio hanno menzionato almeno un rischio legato al clima che
ritengono potrà avere un impatto diretto o indiretto sulla propria attività. Le maggiori preoccupazioni sono legate agli aumenti di temperatura/ondate di calore (55%), alle tempeste (44%) e alle alluvioni (38%).
Le preoccupazioni
variano in base alla collocazione geografica. Ad esempio, in America Centrale e Meridionale e in Europa, 6 aziende su 10 indicano l'aumento delle temperature e le ondate di calore come rischio predominante, mentre 6 su 10 in Nord America vedono nelle tempeste la minaccia principale.
Gli impatti sono già in atto Le aziende si aspettano che gli impatti generati dai cambiamenti del clima influenzino la loro attività entro pochi anni. Solo un'azienda su otto crede che avverrà tra più di 10 anni e oltre una su quattro dichiara che un'area della propria value chain ne ha già risentito. Tuttavia,
solo il 25% ha già adottato misure di adattamento o di resilienza. Le grandi aziende, invece, sembrano essere più avanti nel percorso di adattamento, con il 40% che ha già implementato o ha in corso iniziative su questo fronte.
"Una percentuale esigua rispetto alla gravità delle minacce che le imprese si trovano ad affrontare. Sembra, inoltre, esserci confusione tra azioni di adattamento ai cambiamenti climatici e azioni di mitigazione, dato che più del 43% delle imprese coinvolte menziona iniziative che rientrano nella definizione più ampia di resilienza climatica. Gli sforzi di mitigazione sono cruciali per ridurre le emissioni di gas serra, ma da soli non consentiranno a un'azienda di adattarsi ai cambiamenti climatici o di sviluppare resilienza. C'è, dunque, un enorme potenziale per accrescere la consapevolezza e la preparazione delle aziende nella gestione degli effetti dei cambiamenti climatici",
spiega Luca Crisciotti.
Imprese motivate da fattori esterni I risultati suggeriscono che le imprese siano solo all'inizio del proprio percorso per affrontare l'adattamento e la resilienza ai cambiamenti climatici. Fattori esterni come leggi e regolamenti (50%) ed esigenze/richieste da parte dei clienti (43%) sono in cima alla lista delle ragioni che spingono le aziende all'azione. Tuttavia, la salvaguardia dell'impresa stessa, le preoccupazioni dell'opinione pubblica, unite alla responsabilità sociale, nonché alla volontà di garantire la continuità operativa vengono subito dopo.
Lo studio ha anche identificato
un piccolo gruppo di aziende, definite "leader", che si distinguono come capofila sia per aver implementato azioni di adattamento o di resilienza, sia per aver ottenuto punteggi più alti su ogni aspetto considerato. Per questo gruppo di imprese, garantire la continuità operativa (55%) è un fattore che spinge all'azione tanto quanto le leggi e i regolamenti (53%). La metà circa delle aziende leader è mossa anche dalla convinzione che potrà beneficiare da queste azioni anche in termini di vantaggio competitivo e di creazione di valore (35%).
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