Greenpeace ha puntato i riflettori sul 
cloud computing e sulle sue conseguenze per l'
ambiente. Le emissioni causate dalla nube di 
informazioni digitali sarebbero infatti notevoli e nuocerebbero all'ambiente. 
Secondo quanto dichiarato dall'associazione, le 
emissioni potrebbero triplicare nei prossimi 10 anni.
Sul banco degli imputati i server dei colossi delle 
It, ma anche dispositivi come 
smartphone e 
tablet sono responsabili, perché il loro utilizzo implica la produzione di un alto 
traffico di informazioni.
I 
data center sono alimentati principalmente a 
carbone e questa sarebbe una delle cause principali di inquinamento.
Greenpeace ha puntato il dito anche contro 
Facebook: secondo "Make It green", l'ultimo report pubblicato, il gigantesco data center di Prineville, nell'Oregon, fatto costruire dai vertici del social network, utilizza carbone. La notizia della scelta del team management è arrivata anche agli iscritti al sito: molti hanno infatti aderito a "Vogliamo che Facebook utilizzi il 100% di energia rinnovabile". 
Una scelta differente quella di 
Yahoo, che, per il suo nuovo server di Buffalo, nello stato di New York, ha decido di utilizzare anche energia idroelettrica. 
I dati sugli effetti del cloud computing restano però allarmanti: secondo le previsioni degli ecologisti, che hanno incrociato i dati di diverse ricerche tra cui quelli dell'
Agenzia di protezione ambientale degli Usa, il 
consumo energetico tra 
server e 
telecomunicazioni, sarà pari a 1.963.00 milioni di Kilowatt all'ora, diversamente dai i 622mila milioni del 2007 e di 1034 tonnellate di Co2 prodotta, ossia più del consumo di Francia, Germania, Canada e Brasile messi insieme.
              
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