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Dalla responsabilità alla sostenibilità: Alcatel-Lucent punta su ambiente ed etica

Il rapporto per il 2013 segnala non solo gli aspetti di “buona cittadinanza”, ma anche quelli sulla eticità del business e sul contributo allo sviluppo della “new economy” digitale per un mondo più interconnesso.

Redazione ImpresaGreen

In un mondo che cambia tanto in fretta, con nuove priorità che emergono, blocchi geo-politici-economici  che si confrontano, quale dev’essere il contributo delle aziende ad uno sviluppo equilibrato e quindi duraturo nel tempo? Il rapporto annuale di Alcatel-Lucent sulla Sostenibilità segna un’evoluzione nella risposta a questa domanda.
Nelle sue circa 200 pagine ricche di grafici e fitte tabelle sono presentati i temi affrontati, le risposte date, i successi ottenuti, quelli ancora da conquistare ma comunque già avvicinati. Si spazia dalle tematiche tipiche della CSR, la Corporate Social Responsibility, come la formazione, il lavoro femminile, le eque opportunità, il rispetto per le minoranze e le “diversità”, alle norme che regolano i rapporti con clienti e fornitori, fino all’impatto ambientale: acqua, rifiuti, consumi energetici.
Una vasta parte del rapporto è tuttavia dedicata anche al contributo che le tecnologie possono dare ad un mondo più interconnesso, più “inclusivo”, più attento consumatore delle risorse naturali. Si tratta di un vasto impegno che riflette un atteggiamento di fondo maturato negli anni, frutto di uno sforzo a tutto campo che è valso ad Alcatel-Lucent una serie di riconoscimenti internazionali, tra i quali il primato nel Dow Jones Sustainability Index del settore tecnologico, o la Gold Recognition per la valutazione CSR di Ecovadis.
Tra le eccellenze acquisite da Alcatel-Lucent figurano quelle nell’etica del business, con la promozione e il mantenimento su scala mondiale di una campagna “tolleranza zero” verso qualsiasi violazione di leggi e regole nei confronti di clienti e autorità: nessuna violazione è stata registrata, in nessuna parte del mondo, per tutto il 2013. Una vasta azione è stata anche condotta per assicurare il rispetto delle regole da parte di fornitori e subfornitori (cioè i fornitori dei fornitori). Solo per esaminare l’utilizzo eventuale di materiali originati da zone di conflitto sono stati “passati al setaccio” ben 350 fornitori in tutto il mondo. Parte di questo sforzo è anche la pubblicazione del primo Conflict Minerals Report nella storia dell’azienda.
Uno sforzo particolare è stato condotto in materia ambientale, per assicurare il corretto uso di risorse che, come l’acqua, sono particolarmente critiche in alcune aree del mondo, oltre che per ridurre la quantità dei materiali di scarto. 
Nell’anno, il 97% dell’ “electronic waste”, ovvero i residui elettronici, è stato riciclato o riutilizzato, riducendo in questo modo di un terzo anche le emissioni di CO2 corrispondenti. Si tratta in questo caso di un notevole progresso verso l’obiettivo della riduzione del 50% delle emissioni di CO2 per il 2020. Il dettaglio di analisi al riguardo è elevatissimo, con stime per categoria e sottocategoria degli impieghi, dei progressi e della strada ancora da fare.
Si scopre, per esempio, in questo modo che l’energia elettrica acquistata rappresenta l’1,2% del “carbon foot print”, contro il 10,0% dei prodotti e servizi acquistati, lo 0,2% dei viaggi di lavoro o dello 0,4% dei costi giornalieri del trasporto per recarsi al lavoro.
Il “grosso” delle emissioni, pari all’88,3%, riflette i prodotti venduti. Speciali “Green Team” analizzano la quantità di CO2 assorbita e prodotta dai vari siti, provvedendo anche a dare le informazioni utili al personale localmente coinvolto. E’ interessante notare come il 27% dell’energia elettrica mondialmente utilizzata provenga da fonti rinnovabili, mentre in paesi come Belgio, Austria e Svizzera il 100% dell’energia elettrica proviene da fonti idroelettriche.

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Pubblicato il: 03/07/2014

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