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Indagine Adiconsum/Ecodom rivela: consumatori italiani sostenibili, ma c’e’ ancora molto da fare…

Il 90% del campione sa anche che è obbligatorio fare la raccolta differenziata dei RAEE, ma solo in pochi conoscono le leggi che ne disciplinano attualmente la gestione.

Redazione ImpresaGreen

Che rapporto hanno gli italiani con l’ambiente? Adottano sempre comportamenti sostenibili nella vita di tutti i giorni? Manifestano una spiccata coscienza ecologica e cognizioni adeguate su come differenziare i rifiuti? Sanno davvero dove buttare il vecchio cellulare o come smaltire il frigorifero rotto? Cerca di rispondere a queste domande l’indagine on-line, condotta su un campione di circa 2.500 consumatori italiani particolatmente sensibili alle tematiche ambientali, da Adiconsum, l’Associazione per la Difesa dei Consumatori e dell’Ambiente, ed Ecodom, il principale Consorzio Italiano per il Recupero e Riciclaggio degli Elettrodomestici, che hanno realizzato uno studio dal titolo “Conosciamo l’Ambiente.
L’analisi, effettuata nell’ultimo trimestre del 2014, ha voluto indagare il livello di conoscenza e di consapevolezza dei consumatori italiani in materia di ambiente, raccolta differenziata e RAEE, ovvero Rifiuti da Apparecchiature Elettriche ed Elettroniche, grandi e piccole, che tutti noi abbiamo nelle nostre case (come il tostapane, il rasoio elettrico, il cellulare, ma anche il frigorifero, la lavatrice, il climatizzatore …). In base ai risultati emersi dall’indagine, Ecodom e Adiconsum hanno redatto un dossier per fare il punto sull’attuale livello di conoscenze dei consumatori e discutere con tutti gli attori della filiera su quali possano essere le azioni da mettere in campo per migliorare la chiarezza informativa nel settore del riciclo, al fine di colmare le lacune emerse.  
La ricerca ha evidenziato, in prima battuta, come i soggetti che hanno risposto al questionario, raccogliendo l’invito di Adicosum ed Ecodom, rappresentano un campione fortemente interessato alle questioni ambientali: il 71% dichiara di informarsi attravero i mass media, il 14% fa parte di un’associazione che si occupa di ambiente e circa il 13% partecipa periodicamente a seminari o convegni sul tema. Il 60% degli intervistati, inoltre, si sente in prima persona “molto responsabile” della salvaguardia dell’ambiente in cui vive, dimostrando una coscienza ecologica particolarmente sviluppata e critica; ma ben il 71% del campione sostiene che le responsabilità maggiori siano da attribuire alle Istituzioni.
I consumi energetici sono al 1° posto tra i fattori critici su cui agire per migliorare la qualità dell’ambiente (85%). Seguono, a pari merito, con il 75% delle risposte, l’inquinamento dell’acqua, la presenza degli elettrodi/antenne, lo spreco di acqua, l’inquinamento del suolo e del sottosuolo. Solo il 4% del campione ritiene ottima la qualità dell’ambiente in cui vive; per il 9% è buona, per il 16% sufficiente, scarsa per il 31% e discreta per il 40%.   In relazione allo smaltimento dei RAEE, l’indagine dimostra quanta strada sia stata compiuta fino ad oggi, anche grazie ai media, per sensibilizzare ed informare i consumatori su questo argomento e quanta se ne debba ancora compiere…
Il 70% del campione è in grado di dare una definizione corretta di RAEE (e, nello specifico, il 25,7% ne sente parlare dai giornali, il 48,8% on line e solo il 14,3% alla Tv). “in un Paese come l’Italia – afferma Chiara Ferrari, Direttore studi Internazionali, Sociali e di Trend di IPSOS – dove la TV è ancora il mezzo primario di accesso alle informazioni, diventa cruciale ottenere, allora, anche la collaborazione delle istituzioni per diffondere la cultura del riciclo e fornire a tutti indicazioni precise su come smaltire i RAEE, facendo leva sui benefici economici e sociali dei comportamenti virtuosi”.  
Il 90% degli intervistati dichiara, poi, di sapere che è obbligatorio fare la raccolta differenziata anche per i RAEE, ma poco diffusa è la corretta informazione sul livello di inquinamento prodotto dagli elettrodomestici dismessi. Per quanto riguarda i grandi elettrodomestici, il 74% conferma di portarli all’isola ecologica quando ha necessità di smaltirli, mentre il 26% si avvale dell’aiuto dell’azienda di igiene urbana per il ritiro a domicilio. Meno informati e consapevoli, invece, sono gli italiani in merito allo smaltimento dei piccoli elettrodomestici: il 7% dichiara di averli buttati nel sacco della spazzatura, il 3% nel cassonetto stradale, mentre per il restante 90% l’unica soluzione è portarli alle isole ecologiche; nessuno degli intervistati afferma di aver mai riconsegnato al proprio rivenditore un piccolo elettrodomestico rotto.   Ed infatti, non sono in molti a conoscere le norme che disciplinano la raccolta dei RAEE: l’80% del campione non sa che dal mese di aprile 2014 è stato introdotto l’obbligo da parte dei rivenditori (per i negozi con superficie superiore ai 400 mq) del ritiro “uno contro zero” dei RAEE di piccolissime dimensioni. Di contro, più della metà degli italiani intervistati  (il 60%) sa che esiste l’obbligo di ritiro “uno contro uno” dei RAEE (in vigore da giugno 2010), ma il 51% del campione non ha mai utilizzato questo servizio, e il 22% solo una volta (il 27% anche più di una volta).  
L’Italia, purtroppo, risulta ancora molto indietro rispetto agli altri paesi europei in termini di quantitativi di RAEE raccolti: circa 4 kg all’anno pro-capite, che collocano il nostro Paese al 16° posto nella graduatoria  europea, ben distante dagli obiettivi  fissati dalla nuova Direttiva RAEE, pari a circa 12 kg/abitante all’anno entro il 2019.
“È fondamentale che i consumatori siano a conoscenza di tutte le modalità disponibili per effettuare correttamente la raccolta differenziata dei RAEE – conclude Giorgio Arienti, Direttore Generale di EcodomL’industria del riciclo degli elettrodomestici, quella virtuosa, soffre in Italia di un vero e proprio ‘nanismo’, perché gestisce solo 240.000 tonnellate di RAEE all’anno invece delle 800.000 che si generano ogni anno. Se potesse triplicare le quantità trattate, potrebbe essere un’industria molto più competitiva”.  
E, invece, sembra che si sia innescato un circolo vizioso: si raccolgono pochi RAEE, l’industria non decolla, i costi per gli impianti di trattamento diventano più alti. Due esempi significativi: nel nostro Paese, nessuno è fino ad ora riuscito ad investire nella realizzazione di un impianto per la lavorazione delle schede elettroniche finalizzata ad estrarre le materie più preziose (oro, terre rare, etc.), perché le quantità di schede raccolte in Italia sono modeste; la conseguenza è che questa tipologia di componenti viene esportata verso impianti in Germania o Belgio, ed è l’industria di queste nazioni a beneficiare, poi, delle materie prime ricavate; in Italia, inoltre, non è mai stato realizzato un impianto di smaltimento del CFC estratto dai rigoriferi: anche in questo caso, per colpa della scarsità dei volumi, si devono esportare in Francia questi gas per termo-distruggerli, con la conseguenza di costi esorbitanti.

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Pubblicato il: 04/02/2015

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