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I dieci punti della Green Industrial Revolution di Boris Johnson

Annunciato dal premier britannico un piano in 10 punti che guiderà il Regno Unito verso la transizione energetica. Non mancano, però, le critiche

Redazione ImpresaGreen

Vale 12 miliardi di sterline il piano di Boris Johnson per promuovere la "Rivoluzione Industriale Verde" del Regno Unito. Articolato in dieci punti, il piano tocca dalle energie rinnovabili all'energia nucleare fino al ripristino delle campagne, ma c’è già chi pensa che alcuni obiettivi saranno estremamente difficili da raggiungere.

Il primo punto riguarda l’eolico offshore, il cui di prezzo è precipitato negli ultimi anni. Un crollo che ha stimolato la moltiplicazione dei parchi eolici nonostante il taglio agli incentivi governativi. L’obiettivo è quadruplicare la produzione di questa energia pulita entro il 2030, creando migliaia di posti di lavoro. Va detto, tuttavia, che fino ad oggi la rete elettrica del Regno Unito non ha tenuto il passo con il cambiamento e, quindi, il governo inglese dovrà innanzitutto spiegare come intende procedere per aggiornare la rete. Sebbene il governo affermi, poi, che gli investimenti in direzione eolico siano in grado di creare posti di lavoro, il timore generale è che siano posti di scarso valore.

Il secondo punto del piano di Boris Johnson riguarda l’idrogeno che da tempo viene pubblicizzato come il carburante del futuro. Nonostante i progressi tecnologici, la prospettiva di un'economia interamente alimentata a idrogeno è, però, ancora lontana. Investire in questa direzione rappresenta sicuramente una buona idea in ottica di sostenibilità, ma i gruppi verdi sono preoccupati che le aziende di combustibili fossili possano vedere in questa apertura solo una scusa per continuare a esplorare il gas naturale. Questo perché attualmente la principale fonte di idrogeno è proprio un sottoprodotto del gas naturale. Affinché l'idrogeno sia veramente a basse emissioni di carbonio, l'industria dovrebbe, quindi, investire in altre forme di produzione, come quella dall'acqua.

Il terzo punto del piano tocca il tema del nucleare con lo sviluppo di una nuova generazione di reattori in grado di garantire un nucleare pulito e la creazione di migliaia di posti di lavoro. Ad oggi, Hinkley Point è l'unica nuova centrale nucleare del Regno Unito in costruzione, ma è attualmente afflitta da gravi ritardi. Quando finalmente entrerà in funzione, l'impianto rappresenterà probabilmente la fonte di energia più costosa di tutto il Regno Unito. Se il governo intende davvero promuovere l'energia nucleare, dovrà invece dimostrare che può essere anche economica.

Il quarto punto del piano riguarda i veicoli elettrici grazie soprattutto al sostegno delle case automobilistiche. Oggi quello che manca è un piano infrastrutturale per la ricarica di questi veicoli. Manca, poi, ancora una risposta per quanto riguarda i veicoli pesanti e la loro transizione dai combustibili fossili alla ricarica elettrica.

Il quinto punto tocca il tema dei trasporti urbani. Il lockdown di primavera ha dimostrato ciò che gli ambientalisti sostengono da anni: ossia che le città sono state a lungo ostaggio delle automobili a scapito di salute pubblica e clima, una situazione che può cambiare con una pianificazione in grado di promuovere uno stile di vita più sano. Se fosse più sicuro, molte persone andrebbero infatti in bicicletta o semplicemente camminerebbero. Per farlo occorre, però, scoraggiare l'uso delle auto private in città: ciò obbliga a un intervento forte da parte del governo chiamata così a sfidare la lobby automobilistica.

Il sesto punto tocca la decarbonizzazione delle industrie del settore marittimo e dell’aviazione civile con il progetto zero emissioni per le navi e gli aerei, due ambiti attualmente esclusi dagli accordi internazionali sul clima. Il carburante a idrogeno, sotto forma di ammoniaca, offre speranza per il trasporto marittimo, ma questa prospettiva è ancora lontana. Per limitare l’inquinamento aereo era stata ipotizzata in passato una tassa per i frequent flyer, ma il governo sembra decisamente contrario ad applicarla dal momento che imporrebbe ulteriori oneri a un settore già in crisi a causa della pandemia.

Il settimo punto riguarda l’efficienza energetica di abitazioni ed edifici pubblici. Il Regno Unito ha un patrimonio abitativo tra i meno attenti a questo aspetto e, fino all'introduzione del Green Homes Grant, avvenuto alla fine di settembre, non era mai stata promossa alcuna agevolazione in questo senso. Le pompe di calore offrono un'alternativa ecologica alle caldaie a gas, ma sono costose. Se il governo vuole che le persone optino per questo tipo di installazioni, dovrà sicuramente introdurre obblighi di legge.

L’ottavo punto è relativo allo stoccaggio di anidride carbonica, per esempio nei giacimenti di petrolio e gas in disuso nel Mare del Nord: un’operazione che sarà probabilmente necessaria se il Regno Unito vuole raggiungere il suo obiettivo di zero emissioni entro il 2050. La tecnologia è stata testata in diversi progetti pilota di tutto il mondo, ma per essere implementata su larga scala la vera domanda è: chi ne sosterrà le spese? Una qualche forma di tassa sulle industrie inquinanti potrebbe fornire i fondi necessari, ma è probabile che le società che stanno già affrontando le turbolenze dovute alla Brexit si oppongano con forza a un piano di questo tipo.

Penultimo punto: la natura. La piantumazione di alberi fornisce un modo a lungo termine per ridurre le emissioni di anidride carbonica, ma finora il governo del Regno Unito non è riuscito a raggiungere i suoi obiettivi in questo ambito. Gli agricoltori stanno ancora aspettando dettagli in merito ai contratti di gestione del territorio che sostituiranno gli attuali sussidi dell'Unione Europea e che dovrebbero ricompensarli per il ripristino di aree naturali, come torbiere e zone umide.

L’ultimo punto riguarda lo sviluppo di tecnologie che trasformino nel centro globale della finanza verde la City di Londra: le società pubbliche sono già obbligate a presentare bilanci di sostenibilità. Indubbiamente la finanza verde, che privilegia le tecnologie a basse emissioni di carbonio, è un settore in crescita. I fondi pensione cercano, per esempio, di rendere sempre più verdi i propri portafogli. Su questo fronte, gli incentivi fiscali potrebbero incoraggiare più investitori a seguire questo stesso percorso.

Secondo le intenzioni dichiarate, il programma mira a fare del Regno Unito un Paese a emissioni zero entro il 2050.

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Pubblicato il: 20/11/2020

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