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Legambiente, il mare italiano non è poi così sano

Il bilancio dell'iniziativa Goletta Verde di Legambiente: 132 foci di fiumi off limits, Campania, Calabria e Sicilia con le acque più inquinate e 18 milioni di italiani senza depuratore. Sardegna e Puglia le regioni con il mare più pulito.

Redazione GreenCity

169 punti critici mettono a rischio la salute del mare italiano, uno ogni 44 km di costa. Sono ben 132 le foci di fiumi inquinate. Campania, Calabria e Sicilia detengono la maglia nera per l'inquinamento del mare dell'estate 2010.
Ma non è tutto, il 15% degli italiani è privo di allacciamento alla rete fognaria, mentre addirittura il 30%, pari a 18 milioni di cittadini, scarica i propri reflui non depurati direttamente nei fiumi, nei laghi o in mare.
Sardegna e Puglia invece si distinguono in positivo anche per l'assegnazione delle vele, il riconoscimento ottenuto dai comuni costieri con la Guida Blu 2010 di Legambiente e Touring Club.
È questo il bilancio finale di Goletta Verde - la storica campagna di Legambiente dedicata al monitoraggio e all'informazione sullo stato di salute delle coste e delle acque italiane, presentato oggi a Capalbio.
Una navigazione di oltre 2.000 miglia in 25 tappe per due mesi, per fare un check up del mare italiano, ma anche per denunciare i casi di accesso negato alla spiaggia, gli abusi edilizi sul demanio marittimo, i nuovi e inutili porti turistici e le minacce energetiche che assediano le coste italiane: il petrolio - con le trivellazioni off-shore, le raffinerie lungo costa e il traffico di petroliere via mare -, il rischio di nuove centrali nucleari o a carbone. 
Nella sua XXV edizione, Goletta Verde ha puntato i riflettori sui punti critici dell'ecosistema marino-costiero analizzando le foci dei fiumi e i tratti di mare interessati da fenomeni di inquinamento causati dalla mancata o scarsa depurazione o da scarichi illegali.
E il bilancio di questo viaggio è tutt'altro che positivo: è emerso un punto critico ogni 44 km di costa ed è risultato gravemente inquinato l'87% dei campioni contaminati, rilevati dai biologi del Cigno Verde con valori di batteri di origine fecale superiori al doppio dei limiti di legge.
Numeri che evidenziano un netto peggioramento rispetto allo scorso anno, quando era risultato fortemente contaminato l'81% dei campioni analizzati.
In vetta alla poco onorevole classifica del mare inquinato si piazzano Campania (24 punti critici, 1 ogni 20 km di costa), Calabria (22 punti critici, 1 ogni 32 km di costa) e Sicilia (20 punti critici, 1 ogni 74 km di costa). 
Si distinguono in positivo, invece, la Sardegna e la Puglia: non solo la Sardegna fa registrare un punto critico ogni 247 km di costa, ma vanta anche 3 località premiate con le Cinque Vele della Guida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano e altre 11 segnalate con quattro vele. La Puglia, invece, fa registrare un punto critico ogni 79 km di costa e vanta 3 comuni insigniti del massimo riconoscimento della Guida Blu e altri 10 premiati con le quattro vele. Vanta 3 località a Cinque Vele anche la Toscana, che conta anche 5 comuni a quattro vele. 
I dati emersi dalle analisi di Goletta Verde sulle foci dei corsi d'acqua fotografano un pessimo stato di salute dei fiumi italiani, tracciando un quadro da emergenza nazionale. I fiumi sono la maggiore fonte di inquinamento per le acque dei nostri mari, a conferma che gli scarichi fognari non trattati derivano soprattutto dai comuni dell'entroterra. Su 169 punti critici sono infatti 132 quelli rilevati alle foci, l'87% delle quali sono risultate fortemente inquinate. 
L'inquinamento da scarichi fognari rilevato dal laboratorio mobile di Goletta Verde è causato da un insufficiente o inesistente servizio di depurazione. Secondo i dati del rapporto Blue Book 2009 di Utilitatis e Anea, il 30% degli italiani non può usufruire di un depuratore.
La Regione in cui si registra il deficit maggiore è la Sicilia dove 2,3 milioni di persone scaricano i propri reflui direttamente nei fiumi o in mare senza alcun trattamento. A seguire la Lombardia e la Campania dove il servizio di depurazione non è garantito per 2,1 e 1,9 milioni di cittadini.Un deficit impiantistico che ha determinato l'avvio, nel giugno 2009, di una procedura d'infrazione a parte della Commissione Europea nei confronti dell'Italia per la violazione della direttiva 1991/271/CE sul trattamento dei reflui urbani, e in particolare per il mancato adempimento da parte di ben 178 comuni italiani.
Tra le regioni sotto accusa figurano la Sicilia, con 74 comuni tra cui diversi capoluoghi di provincia come Palermo, Catania, Messina, Ragusa, Caltanissetta e Agrigento; la Calabria con 32 comuni tra cui Reggio Calabria, Lamezia Terme e Crotone; in Campania figurano città come Napoli, Salerno, Avellino, Caserta e Benevento.
Per citare qualche caso esemplare nelle regioni con il mare più inquinato d'Italia, in Calabria a fine giugno sono stati classificati come balneabili 18 dei 22 chilometri interdetti alla balneazione fino allo scorso maggio, quando era in vigore la normativa precedente. Situazione del tutto simile in Campania, dove a fine giugno sono state classificate come balneabili dieci spiagge interdette alla balneazione fino allo scorso maggio in provincia di Napoli e quattro in provincia di Salerno.
A minacciare mare e litorali italiani, purtroppo, non ci sono solo i batteri fecali, ma anche le speculazioni e il cemento lungo la costa. Come denunciato dal rapporto di Legambiente Mare Monstrum 2010, infatti, l'abusivismo edilizio su demanio marittimo nel 2009 è cresciuto del 7,6% rispetto all'anno precedente, facendo registrare ben 3.954 illeciti.Oltre a case, ville, residence e alberghi vista mare, assediano le coste anche i progetti di porti. 
L'assalto degli approdi turistici infatti, si conferma uno degli escamotage più efficaci per urbanizzare la costa, derogando e aggirando i piani urbanistici. E tutto ciò nonostante lungo le coste del Belpaese siano già disponibili 130mila posti barca e uno studio Ucina, l'associazione degli imprenditori della nautica aderente a Confindustria, elaborato nel 2008 stimi che, senza aggiungere un metro cubo di cemento in più sulle coste italiane, ma semplicemente riorganizzando, ristrutturando e adeguando i bacini già oggi esistenti lungo la Penisola, si potrebbero realizzare 40mila nuovi posti barca, di cui 13.500 da realizzare entro sei mesi. 
Tra i nuovi pericoli che minacciano mare e coste italiane, inoltre, Goletta Verde ha denunciato il "rischio Louisiana", ossia i pericoli di sversamento di greggio in mare derivanti dalle trivellazioni petrolifere off-shore e dal trasporto marittimo di idrocarburi.
Nei nostri mari oggi operano 9 piattaforme da cui si estrae olio greggio. Due sono localizzate di fronte la costa marchigiana (Civitanova Marche - MC), tre di fronte quella abruzzese (Vasto - CH) e le altre quattro nel canale di Sicilia di fronte il tratto di costa tra Gela e Ragusa. Considerando le attività delle piattaforme estrattive, delle 12 raffinerie e dei 14 grandi porti petroliferi italiani, ogni anno viaggiano nelle nostre acque territoriali oltre 343 milioni di tonnellate di prodotti petroliferi. Cifre che fanno conquistare all'Italia un posto in prima linea in fatto di esposizione al rischio di incidente e sversamento di petrolio.
Ad oggi la folle corsa all'oro nero made in Italy ha portato alla concessione di 95 permessi di ricerca di idrocarburi, di cui 24 amare, interessando un'area di circa 11 mila chilometri quadrati (kmq).
A queste si devono aggiungere le 65 istanze presentate solo negli ultimi due anni, di cui ben 41 amare per una superficie di 23 mila kmq. In particolare sono interessati il mar Adriatico centro-meridionale, lo Ionio e il Canale di Sicilia.
Sotto assedio anche mare e coste sarde, sulle quali pendono quattro istanze per un totale di 1.838 kmq nel golfo di Oristano e di Cagliari, e lo splendido specchio di mare tra l'isola d'Elba e quella di Montecristo, 643 kmq in pieno Santuario dei Cetacei all'interno del Parco Nazionale dell'Arcipelago Toscano. Una ricerca forsennata per individuare ed estrarre le 129 milioni di tonnellate che, secondo le stime del Ministero dello sviluppo economico, sono ancora recuperabili da mare e terra italiani.
Ma il gioco non vale la candela. Infatti, visto che il Paese consuma 80 milioni di tonnellate di petrolio l'anno, le riserve di oro nero made in Italy agli attuali ritmi di consumo consentirebbero all'Italia di tagliare le importazioni per soli 20 mesi. Estrarre il greggio nostrano sarebbe una vera ipoteca sul nostro futuro e sulle prospettive di sviluppo di un turismo di qualità lungo i nostri litorali.
Non solo tasti dolenti, ma anche note positive. Il periplo di Goletta Verde lungo la Penisola ha messo a fuoco anche le eccellenze dei nostri litorali e ha promosso la conservazione della biodiversità e le Aree Marine Protette.
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Sono ben 295, infatti, le località costiere che si distinguono per tutela dell'ambiente e promozione del turismo sostenibile inserite nelleGuida Blu di Legambiente e Touring Club Italiano, divise in una classifica che va da una a cinque vele, il massimo riconoscimento. 
Le regine delle vele dell'estate 2010 sono la Sardegna, la Puglia e la Toscana. LeCinque Vele sventolano su 14 località: Pollica (Sa), Cinque Terre (Sp), Ostuni (Br), Capalbio (Gr), Castiglione Della Pescaia (Gr), Nardò (Le), Capraia (Li), Salina (Me), San Vito lo Capo (Tp), Bosa (Or), Baunei (Og), Noto (Sr), Posada (Nu) e Otranto (Le), mentre altre 42 località hanno conquistato le quattro vele.
La conferenza stampa di chiusura della Goletta Verde è stata l'occasione per assegnare al sindaco di Capalbio (Gr) la bandiera con le cinque vele per l'ottimo livello di sostenibilità e per la tutela dell'area costiera e del territorio aperto (ambiente, paesaggio, economia rurale e agricoltura).



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Pubblicato il: 18/08/2010

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